lunedì 17 settembre 2012

Morsi

Lei è stesa sul letto, prona, schiena nuda. Paolo le accarezza la pelle. Una sola mano, tocco leggero. Lei si sta per addormentare anche se non ha fatto altro da tutto il giorno. Non ha motivi per stare sveglia.
Poi il tocco omogeneo e delicato di Paolo rallenta e si ferma. Precisamente sulla parte bassa della schiena, sul confine tra la pelle nuda e i pantaloni ancora indossati. Un solo punto su tutta la schiena ha fermato l'attenzione di Paolo: lei ci vorrebbe far caso, vorrebbe chiedersi il perché, ma infondo non le interessa così tanto. Paolo ha visto un livido scuro e tondo. Accarezza quello e quel solo punto, ne traccia il disegno, segue la strada segnata scrupolosamente, come se volesse accertarne l'autenticità. Poi, quasi facendosi forza, le chiede: "E questo segno? E' un livido. Sembra un morso. Anzi" e abbassa di un centimentro i pantaloni "è un morso. E direi che non te l'ho fatto io..."
Lei non se ne ricordava. Ora che lui lo ha nominato certo se ne ricorda. Quel morso glielo ha dato N. una sera. Lei era troppo eccitata per preoccuparsi di Paolo poi. Poi. Quanto è lontano il "Paolo poi" dalle braccia di N.?
Ha sentito la domanda e non ne ha paura. Si ricorda il tempo in cui non era capace di mentire, si ricorda il tempo in cui le bugie, quelle poche, gliele leggevi in faccia. Adesso mente senza nemmeno far caso alla bugia, adesso mente e non ne sente nemmeno la colpa.
"Possibile mai? Non ti ricordi nemmeno di quelle poche volte in cui lo facciamo con passione. Eppure non è che succeda spesso..."
C'è riuscita, ha spostato la sua colpa su di lui. E Paolo ci crede. Non crede tanto alle parole di lei, ma infondo nemmeno ci pensa bene, quello a cui crede è che sicuramente lui ha delle colpe in quel rapporto. Non importa troppo quali siano, importa soltanto che siano sue.
Paolo ci pensa un secondo, le dà un bacio su una spalla, per lei senza alcun senso, e riprende le carezze interrotte. Lei si scosta, arrabbiata con Paolo perché quel morso non è il suo, ha finito il sonno. Si rimette la maglietta, forse uscirà. Infondo non aspettava altro che una scusa.

martedì 11 settembre 2012

I motivi di Lorenzella

Un blog è una roba difficile. Perché poi bisogna prestarci attenzione, perché bisogna custodirlo, perché si deve riuscire a dire ma anche a tenersi qualche velo. Se i veli non te li tieni finisce che il tuo blog e il tuo viso si corrispondano e non si riesca più a scrivere ma solo a raccontare, a raccontare solo cose che non feriscano e non esaltino nessuno. E allora quel blog diventa un po' tuo e un po' di tutti. Lo scrivi tu ma sotto dettatura. Quasi. Un blog nuovo è un impegno, è quasi una tortura, è una prova di forza. Perché un blog appena nato è facile da lasciare andare.

Lorenzella. Non so come mi sia venuto in mente come nome, volevo semplicemente qualcosa di molto lontano da me, qualcosa che non mi si accostasse nemmeno per idea. Lorenzella mi dà l'idea di una cosa facile, felice, semplice, equilibrata, solare. Niente a che vedere con la gechi e vampiri che mi è capitato di essere. Lorenzella mi dà l'idea di una che fa le torte con le mele, e quanto mi piacerebbe saperne fare una non ve lo dico oggi. Magari ve lo dico domani.